Cos'è WANE
La biodiversità è il pilastro della nostra esistenza. Specie, ecosistemi e la fitta rete di relazioni che intessono tra loro, sostengono la vita sul Pianeta eppure, proprio le attività umane, lo stanno velocemente svuotando della sua varietà ed abbondanza biologica. Tassello dopo tassello stiamo smontando il puzzle e ci stiamo dirigendo verso la sesta estinzione di massa. Se la scienza ci fornisce da decenni dati affidabili su quanto stiamo facendo e sul percorso che dovremmo invece intraprendere, è chiaro che la comunicazione ha fallito. Da questa consapevolezza nasce WANE - We Are Nature Expedition, un reportage multimediale che, attraverso interviste, foto, documentazione diretta e dati, segue le impronte delle attività umane sulla biodiversità e racconta storie di coesistenza possibile tra esseri umani e altre specie.
Cosa dice la scienza
Oggi, un milione di specie sono a rischio estinzione e, di queste, il 50% potrebbe scomparire entro la fine del secolo in corso. Il report di valutazione pubblicato dall’International Panel on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) nel 2023 le ha definite "dead species walking”, ossia specie morte che camminano. L’attuale tasso di estinzione è di 1000, se non addirittura 10.000 volte superiore rispetto a quello naturale e riguarda circa 273 specie al giorno a causa di: cambiamenti climatici, sovrasfruttamento, inquinamento, diffusione di specie aliene e perdita di habitat.
Lungi dall’essere un problema che riguarda solo la comunità scientifica, la crisi della biodiversità sta minando la nostra sopravvivenza fisiologica ed il modello socio-economico che abbiamo costruito. Come dimostra un’attenta analisi dell’Agenda 2030, infatti, più della metà del PIL mondiale - pari a circa 43.000 miliardi di dollari - è moderatamente o fortemente dipendente dalla natura e dai servizi ecosistemici che ci offre a titolo gratuito, come l’acqua potabile, la produzione di suolo, il servizio di regolazione del clima, l’impollinazione, materie prime per la costruzione di edifici, abiti o principi attivi con cui produrre farmaci che ci salvano la vita ogni giorno. Ma, cosa ancora più grave e sconcertante, la perdita di biodiversità equivale alla scomparsa di ispirazione, della nostra storia evolutiva e quella di culture millenarie che del rapporto con la natura hanno fatto la chiave per la loro sopravvivenza.
Una crisi sistemica che coinvolge anche la comunicazione
La biodiversità continua ad essere la grande dimenticata della crisi ambientale. Il problema risiede nella diffusa incapacità di comprendere quanto la nostra sopravvivenza dipenda dalla natura. Per cercare di risolvere il problema bisognerebbe ridare alla comunicazione (dal latino cum munis, mettere in comune) il suo ruolo originario: quello di informare, educare e promuovere l’azione collettiva.
A tal scopo, è necessario sviluppare una narrazione che unisca dati scientifici accurati e storie in grado di far divampare l’empatia verso ciò che ancora troppe persone considerano “altro rispetto a sé”. Storie che facciano comprendere come in un mondo che spinge all’intolleranza, la coesistenza sia un valore fondamentale da cui ripartire per creare un mondo più giusto e inclusivo. Storie che raccontano un nuovo modo di essere umani. Alcune di queste si svolgono in prossimità delle bisettrici che disegnano artificialmente il Pianeta: linee artificiali così lunghe e numerose che, se potessero essere unite a formare un unico filo, potrebbero circondare il Pianeta e avvolgerlo per più di 1600 volte. Nonostante gli indubbi impatti sulla biodiversità, le strade rappresentano infatti anche un privilegiato laboratorio per la raccolta di dati utili ad interpretare il rapporto tra esseri umani e altre specie.
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La biodiversità è il pilastro della nostra esistenza. Specie, ecosistemi e la fitta rete di relazioni che intessono tra loro, sostengono la vita sul Pianeta eppure, proprio le attività umane, lo stanno velocemente svuotando della sua varietà ed abbondanza biologica. Tassello dopo tassello stiamo smontando il puzzle e ci stiamo dirigendo verso la sesta estinzione di massa.
Se la scienza ci fornisce da decenni dati affidabili su quanto stiamo facendo e sul percorso che dovremmo invece intraprendere, è chiaro che la comunicazione ha fallito. Da questa consapevolezza nasce WANE - We Are Nature Expedition, un reportage multimediale che, attraverso interviste, foto, documentazione diretta e dati, segue le impronte delle attività umane sulla biodiversità e racconta storie di coesistenza possibile tra esseri umani e altre specie.
Cosa dice la scienza
Oggi, un milione di specie sono a rischio estinzione e, di queste, il 50% potrebbe scomparire entro la fine del secolo in corso. Il report di valutazione pubblicato dall’International Panel on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) nel 2023 le ha definite "dead species walking”, ossia specie morte che camminano. L’attuale tasso di estinzione è di 1000, se non addirittura 10.000 volte superiore rispetto a quello naturale e riguarda circa 273 specie al giorno a causa di: cambiamenti climatici, sovrasfruttamento, inquinamento, diffusione di specie aliene e perdita di habitat.
Lungi dall’essere un problema che riguarda solo la comunità scientifica, la crisi della biodiversità sta minando la nostra sopravvivenza fisiologica ed il modello socio-economico che abbiamo costruito.
Come dimostra un’attenta analisi dell’Agenda 2030, infatti, più della metà del PIL mondiale - pari a circa 43.000 miliardi di dollari - è moderatamente o fortemente dipendente dalla natura e dai servizi ecosistemici che ci offre a titolo gratuito, come l’acqua potabile, la produzione di suolo, il servizio di regolazione del clima, l’impollinazione, materie prime per la costruzione di edifici, abiti o principi attivi con cui produrre farmaci che ci salvano la vita ogni giorno. Ma, cosa ancora più grave e sconcertante, la perdita di biodiversità equivale alla scomparsa di ispirazione, della nostra storia evolutiva e quella di culture millenarie che del rapporto con la natura hanno fatto la chiave per la loro sopravvivenza.
Una crisi sistemica che coinvolge anche la comunicazione
La biodiversità continua ad essere la grande dimenticata della crisi ambientale. Il problema risiede nella diffusa incapacità di comprendere quanto la nostra sopravvivenza dipenda dalla natura. Per cercare di risolvere il problema bisognerebbe ridare alla comunicazione (dal latino cum munis, mettere in comune) il suo ruolo originario: quello di informare, educare e promuovere l’azione collettiva.
A tal scopo, è necessario sviluppare una narrazione che unisca dati scientifici accurati e storie in grado di far divampare l’empatia verso ciò che ancora troppe persone considerano “altro rispetto a sé”.
Storie che facciano comprendere come in un mondo che spinge all’intolleranza, la coesistenza sia un valore fondamentale da cui ripartire per creare un mondo più giusto e inclusivo. Storie che raccontano un nuovo modo di essere umani. Alcune di queste si svolgono in prossimità delle bisettrici che disegnano artificialmente il Pianeta: linee artificiali così lunghe e numerose che, se potessero essere unite a formare un unico filo, potrebbero circondare il Pianeta e avvolgerlo per più di 1600 volte. Nonostante gli indubbi impatti sulla biodiversità, le strade rappresentano infatti anche un privilegiato laboratorio per la raccolta di dati utili ad interpretare il rapporto tra esseri umani e altre specie.
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